Essere fratelli e fare la storia

Fraternità. Partiamo ancora da qui, dal solito tema complesso e mai banale: lo stiamo capendo bene riflettendoci, ma ce ne rendiamo conto anche semplicemente vivendolo (o almeno provandoci!). Una realtà che non si realizza mai “una volta per sempre”, che chiede di tenere conto di punti di vista complementari: il generale e il particolare, la responsabilità e la risposta, il donare e il ricevere, il custodire e il generare, io e gli altri, io e l’altro, lo sconosciuto e l’amico. Emerge allora che uno “stile”relazionale di tale portata non può esaurirsi all’interno di dinamiche interpersonali. La fraternità autentica infatti, a mio avviso, tende a debordare in una dimensione sociale, nella pluralità di facoltà che ci costituiscono nel nostro stare al mondo. La scorsa volta, per esempio, abbiamo messo in luce l’implicazione che c’è tra la preghiera e il vivere relazioni fraterne. Similmente possiamo accennare qualcosa anche per quanto riguarda il tempo. Sì: fraternità e tempo sono legati.

Anzitutto sottolineiamo come non sia possibile diventare fratelli senza che questo accada nel succedersi di qualche stagione. Si prenda il caso, già visto, dello “stile materno” da adottare gli uni verso gli altri: è evidente che il “generare” vita richiede per sua natura la pazienza e la perseveranza di attraversare un processo che non si dà immediatamente! Sembra banale, ma occorre dirselo. E attraverso le biografie e gli scritti del Poverello, poi, siamo in grado di cogliere altri “nodi”che testimoniano il legame tra le relazioni fraterne e lo scorrere del tempo. Oltre all’attesa e alla costanza, necessarie alla crescita di un legame, possiamo menzionare la memoria, che riannoda le novità del momento con le intuizioni degli inizi; il discernimento, per porre i giusti gesti nei confronti dell’altro; il perdono, per non interrompere inutilmente la comunione. Insomma, ci rendiamo conto che la fraternità si fa storia, fa la storia! E dunque pur realizzandosi al presente non può che mantenersi intrecciata al passato. Di più: le relazioni fraterne sono anche in perenne tensione verso il futuro! 

Tra i frati compagni di san Francesco ne troviamo uno che, secondo me, può essere ritenuto un esempio per questa capacità di essere un costruttore di fraternità eccedente il solo “oggi”: frate Elia da Cortona. Contemporaneo del Poverello, fu salutato dal Santo come “madre” e fu da lui considerato come suo amico e ministro. Uomo poliedrico, di singolare genialità, abile amministratore e di vedute lungimiranti, fu il primo Ministro provinciale di Terra Santa e il primo Ministro generale dell’Ordine francescano, nonché il primo Custode del Sacro Convento di Assisi. Infatti, in gran parte si deve a lui, “architetto” ante litteram, la costruzione della Basilica che tutti ammiriamo. Fu lui a dare l’annuncio della morte di Francesco, a rivelare il prodigio delle stigmate che avevano segnato il corpo del Poverello e a nasconderne i resti mortali nella roccia scavata in segreto. Nel 1239 poi conobbe l’onta della scomunica per la vicinanza all’Imperatore Federico II e la deposizione dal servizio di Ministro generale dell’Ordine. In progressivo declino, si ritirò a Cortona, dove visse fino alla morte, rimanendo fedele alla vocazione minoritica. Andò così incontro alla “damnatio memoriae”, che ne fece un traditore dello spirito originario del francescanesimo ed un manipolatore. Negli ultimi anni, gli studi hanno messo in luce nuovi aspetti di questo importante personaggio, facendo cadere molti pregiudizi. Forse non riusciremo mai a dire chi egli fosse, se un arrampicatore sociale o un minore, un potente uomo di governo o un fratello. Sicuramente però era un uomo che sognava in grande: una Basilica per sfidare il tempo, un Ordine capace di innestarsi nei crocevia della storia e della politica per suggerire una direzione di marcia. Un frate che, proprio in virtù dei legami fraterni, dispose un prodigioso impegno nel conseguimento di un bene che fosse per tutti. Una fraternità che si fa carico del futuro. 

Viene allora da chiederci come viviamo noi le nostre relazioni fraterne, se siamo capaci di abitarle con un respiro così ampio, che va oltre il mero presente e qualche ingenua fiducia nel fatto che possano continuare senza troppi problemi. In quanto fratelli e sorelle, forse siamo chiamati piuttosto a gettare insieme le basi per un avvenire denso di bene che non sia limitato a pochi (se così fosse, non sarebbe nemmeno vero bene!). Rinsaldando i nostri legami, cogliamo la possibilità di un grande sogno che sappia costruire la storia in modo nuovo. Del resto, Papa Francesco dice: “Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! […] Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme”… “Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!”.

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