Letti&Masticati: “Il Barbizon Hotel”

Bentrovati cari lettori, spero che durante l’estate vi siate riposati e abbiate letto qualche buon libro. Io ho fatto i compiti per voi e sono pronta a cominciare un nuovo anno, suggendovi alcuni libri che secondo me vale la pena di leggere o per il tema trattato o perché rilassanti (e ogni tanto un po’ di leggerezza ci vuole!). Ecco allora il primo:

“Barbison Hotel”
di Paulina Bren
Neri Pozza editore

Nel 1927 venne costruito a New York il Barbison Club-Residence for Women, nato per rispondere alle esigenze di trovare un alloggio alle migliaia di giovani donne scappate dalle loro città natali (soprattutto città di provincia) e dalla mancanza di prospettive che offrivano.

Arrivate nella Grande Mela con indosso i loro abiti migliori, una valigia, una lettera di raccomandazioni e tante speranze, le ragazze erano pronte con coraggio a ricostruirsi o a cominciare una nuova vita protette tra le sicure mura del Barbison Hotel per donne sole, in cui vigevano severe regole di comportamento e dove gli uomini non erano ammessi.

Dopo aver superato l’esame di ammissione con la vicedirettrice, incaricata di sorvegliare la reception, le nuove ospiti salivano nelle camere assegnate provviste di un letto stretto, un cassettone, una piccola scrivania che rappresentavano alla perfezione la “stanza tutta per sé” rivendicata da Virginia Wolf (che alloggiò per un periodo al Barbison) e che consentiva alle ragazze di reinventarsi, senza il peso della famiglia e delle sue aspettative.

Ma chi erano le donne che alloggiavano al Barbison? Erano giovani diverse, che si avventuravano a Manhattan per cercare lavoro (dattilografe, segretarie, musiciste, cantanti, ballerine, scrittrici…) ma tutte con il desiderio di affrancarsi dalle restrizioni in cui le aveva soggiogate la società americana. Siamo negli anni Cinquanta quando, dopo il periodo della Guerra durante il quale le donne svolgevano tutti i lavori lasciati dagli uomini al fronte, ci fu un ritorno al maschilismo per cui il loro ruolo era tornato ad essere lo stare a casa, ad accudire marito e figli. La società americana quindi non lasciava molte scelte alle ragazze terminato il college: solo il matrimonio ed i figli!

L’Hotel diede a queste ragazze una cosa straordinaria: la libertà. Ne liberò l’ambizione, i desideri che altrove erano considerati proibiti, ma che nella “Grande mela” erano immaginabili, realizzabili, possibili.

Qui le donne si sentivano al sicuro da quegli uomini che battevano le strade di New York alla ricerca di ragazze giovani e ingenue, e anche le famiglie si sentivano rassicurate dalla vigilanza che vigeva sulle loro figlie.

Pauline Bren, facendo una carrellata di donne che hanno frequentato questo hotel, dalle più famose come Grace Kelly, Joan Crawford, Ali Mc Grow, Liza Minelli, a quelle sconosciute, traccia un profilo della società americana dal Proibizionismo al 2007, con tutte le sue caratteristiche e contraddizioni: è una magnifica storia di emancipazione femminile.

Dentro quelle stanze però non tutto è come appare e assieme all’ambizione aleggiano anche i fantasmi della disillusione e di una solitudine insopportabile.

L’autrice è abile a tratteggiare, anche grazie alle belle foto in bianco e nero, un’epoca che finì nel 1981 quando il primo uomo varcò la soglia dell’edificio dell’Upper East Side.

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