Ego

L’estate del 2022, che ci ha asciugata anche l’anima, sarà riportata negli annali come quella fra le più calde di sempre! Ognuno avrà escogitato trucchi e messo in atto strategie per passare nel migliore dei modi la grande calura. Io ritengo di non essere stato troppo provato, perché ho trascorso parte del periodo rovente al mare in Liguria. Lì dove ero, la ventilazione mi ha permesso di godere di un relativo benessere. Ma non è di questo che desidero parlare con voi. In ricerca della frescura, la sera, mi mettevo seduto sul balcone. Per un po’, finché il sole calava dietro i monti, era piacevole non far nulla, invece con il buio, era la lettura di un kindle (libro elettronico connesso in rete) che mi faceva compagnia.

Inevitabilmente quando maneggi, sera dopo sera, uno strumento elettronico, sei portato a navigare nel web. Ci ho provato anche io e, con grande sorpresa,ho scoperto dei comportamenti che hanno dello straordinario, e soprattutto inusitato, per uno della mia età. Non conosco tutto del mondo internet, ma i siti che conosco ed ho navigato sono quelli diventati ormainoti ai più: WhatsApp, Facebook e Google. Sono ambiti “non ambiti” posti dove le persone possono ritrovarsi senza però mai guardarsi in faccia, magari seduti ad un tavolo e davanti ad un buon bicchiere di vino. Un po’ di questa esperienza la volevo condividere con voi per farvi partecipi della facilità con cui, chi frequenta questi ambienti virtuali, talvolta, ha una metamorfosi caratteriale, perché corre il rischio non recondito di esercitare o sviluppare forme di egocentrismo, molto vicine al narcisismo.

La prima considerazione è questa: è una realtà fittizia, virtuale, dove chi si mette in gioco usando le App (abbreviazione di applicazione) in rete, ricerca l’affermazione di sé e vuole soddisfare certi obiettivi personali. La misura del raggiungimento del livello di questa soddisfazione è il numero di like che la persona riceve per quanto ha detto o postato (pubblicato) (like =sono le risposte positive di accettazione). Chi gioca o chatta, surfa, o naviga con uno di queste piattaforme (Facebook, WhatsApp, Instagram, Tic Toc) è alla ricerca di un ruolo di “prima donna” e investe per raggiungerlo tutto il meglio o tutto il peggio di sé. Quando è consapevole di aver centrato l’obiettivo, si sente realizzato però non smette! Perché più è soddisfatto più si dà da fare per “essere”, più il livello del suobenessere aumenta, più assidua sarà la sua presenza sulla App. Resta però la domanda: visto che è un “non ambito”, se la persona agisse nell’ambiente reale, sarebbe capace di sviluppare lo stesso volume di interlocuzione?  Ho seguito su Facebook un “tizio” che in una chat (canale di comunicazione libero che può essere usato da chiunque) non replicava, né chiariva taluni concetti; no, lui no, lui scriveva,  scriveva … era un’alluvione di post, un fiume in piena. E, nel contenuto dei suoi pensieri, mostrava uno smodato e costante bisogno di affermazione, era evidente anche la totale mancanza di empatia: esisteva solo lui e i suoi erano i soli pensieri di valore! Puntualizzava, rinforzava e alzava i toni nel corso della conversazione, se le sue teorie avevano la peggio. Non accettava gli emoticon (faccine che definiscono gli stati d’animo) che non fossero simpatetici. Non ho strumenti per definire un comportamento del genere, ma ciò è possibile solo perché si manifesta in un mondo che in verità non esiste, perché si parla con entità la cui esistenza dura il tempo della chiacchierata in chat! E dopo questa avventura? Questo personaggio chi è dove va? Boh?… Di lui non resta traccia.

In una sessione in cui si parlava di moda, mi ha colpito il comportamento “strano” di una ragazza che, a rinforzo delle tendenze di moda che andava imponendo, ha inviato un numero infinito di selfie (autoscatti): ciho trovato uno spiccato tratto narcisistico nel suo modo di porsi. Era una narcisista? Per me sì, alla grande! Il suo comportamento tendeva verso l’esibizionismo. Era chiaro che la sua era una ricerca spasmodica di ammirazione in modo molto plateale e perfino arrogante. E gli altri che intervenivano nella chat avevano un comportamento, altrettanto strano: stavano nel loro guscio, davano solo sostegno. Non erano personaggi definiti, solidi e presenti in modo attivo, li definirei “damigelle”, perché di personale non suggerivano o proponevano nulla, supportavano ora questo, ora quello, facendo loro l’occhiolino. Forse sono persone insicure che non hanno una grande autostima. Traggono sicurezza dal sostenere l’egocentrico di turno, che invece mostra i muscoli e parla solo di sé, per ottenere approvazione e ammirazione di sponda.

La durata delle chat è infinita, l’ho sperimentato anche io. Proprio in quelle sere, quando sei in uno stato quasi ipnotico, assorbito a seguire l’intrecciarsi della questione e le interrelazioni che si dipanano, sei totalmente assorto in un’attività dalla quale derivi interesse (se così non fosse abbandoneresti), che ti gratifica ed è di grande gradimento. È una dinamica rapidissima: tu butti il sasso e immediatamente c’è chi risponde alla tua sollecitazione. Questo meccanismo genera un coinvolgimento emotivo tale che il mondo non esiste più: rimani tu, gli attori della chat e la bolla che ti contiene. In questo stato, la cognizione del tempo, la stanchezza, la sete, la fame e gli altri bisogni primari spariscono e il tempo vola e vivi in uno stato di attenzione, in un bagno di adrenalina. E il tempo passa senza che tu te ne renda conto! Il processo ha lo stesso effetto della cioccolata, sì della cioccolata! Quando sei afflitto cosa fai? Mangi. E in genere, siccome il cibo è consolatorio, prendi quello che “consola” di più: il cioccolato, che ha effetto dopante e ti porta ad uno stato di benessere estatico. Lo stesso accade nel partecipare a queste chat; nel momento in cui stai leggendo il racconto delle emozioni, dei pensieri, oppure percepisci piacere e stima per le tue idee, allora ti pervade un senso di gratificazione che ti inchioda lì. Io ho poca resistenza e, ad un certo punto chiudevo e andavo a letto. Anche se si chiude, rimane la persistenza dell’effetto “cioccolato”, perché comunque il fenomeno si può ripetere e si può ottenere una nuova dose di benefici.

È un gioco tutto nel virtuale! Ma del quale si ha paura! E sì, in quanto essere tagliati fuori, o anche solo il timore che una cosa del genere possa accadere provoca un rialzo di ansia, il cui livello va alle stelle … e nel cervello si innesca la paturnia del: cosa fa il mio mondo di riferimento? I miei estimatori dove sono finiti? Perché nessuno più mi nomina? Sono un fallito, non mi tagga più nessuno. L’appartenenza ad una chat dàuna ebbrezza emozionale tale che, quando non sono al centro dell’attenzione, mi scontro con questo mondo, non perché criticamente valuto cosa mi dicono gli altri, ma perché sono “gli altri” ad essere scorretti, mentre io sono sempre “il più” in tutto! 

L’altra faccia della medaglia di questo malessere è sentirsi agitati pensando a chissà quale situazione ci esclude e ci fa stare “fuori posto”. Ci carichiamo di insoddisfazione, ansia e sentimento di fallimento! Ma arroccati come siamo nel nostro egocentrismo non verifichiamo! Figurarsi!

Mi sono posto una domanda: l’attenzione (mia per il periodo estivo) verso questo mondo che pullula di vita che non esiste, ma che genera emozioni e comportamenti, è coniugabile con l’essere cristiano che si mette in relazione con il prossimo? Papa Francesco ha fatto un bel discorso sulle beatitudini. 

Prendo in prestito uno scritto di un giornalista a chiarimento delle Beatitudini: “… E’ beato, cioè felice, chi è povero, chi manca di tante cose e lo riconosce. Umanamente, siamo portati a pensare in un altro modo: è felice chi è ricco, chi è sazio di beni, chi riceve applausi ed è invidiato da molti, chi ha tutte le sicurezze. Ma questo è un pensiero mondano, non è il pensiero delle Beatitudini! Gesù, al contrario, dichiara fallimentare il successo mondano, in quanto si regge su un egoismo che gonfia e poi lascia il vuoto nel cuore. Possiamo allora chiederci: io – ognuno di noi – ho la disponibilità del discepolo? O mi comporto con la rigidità di chi si sente a posto, di chi si sente per bene, di chi si sente già arrivato? Mi lascio “scardinare dentro” dal paradosso delle Beatitudini, o rimango nel perimetro delle mie idee? E poi, nella logica delle Beatitudini, al di là delle fatiche e delle difficoltà, sento la gioia di seguire Gesù? Questo è il tratto saliente del discepolo: la gioia del cuore”.

Ho ancora un sacco di strada da fare!

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